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Come mitigare l’impatto dell’arte contemporanea sugli ecosistemi?

Da una maggiore presa di coscienza all’importanza della ricerca: ecco cosa dovrebbe fare il mondo dell’arte per allinearsi al cambiamento

Ogni settore produttivo si deve interrogare su come ridurre al minimo gli impatti ambientali generati dalle sue attività. Il mondo dell’arte contemporanea non è escluso. “Anche se vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti” diceva un famoso cantautore sul maggio ’68. Oggi un’altra rivoluzione è alle porte, o meglio ci ha già investiti: è la necessaria e quanto mai urgente conversione ecologica. Cambiare approccio nei confronti dell’utilizzo delle risorse naturali è un’operazione fondamentale per evitare le disastrose conseguenze ambientali, sanitarie, economiche, politiche e sociali dei cambiamenti climatici. Anche se negli ultimi anni i media hanno iniziato a parlare di sostenibilità e oggi ne parlano in una maniera quasi bulimica, in realtà il passaggio dalle parole ai fatti è ancora lentissimo e spesso inesistente se si considerano i numeri necessari per avere una reale inversione di tendenza affinché il Pianeta Terra non diventi completamente invivibile per gli esseri umani e le altre specie. Studi scientifici1 ci avvertono che siamo vicini ad una condizione di non ritorno e che possiamo solo adattarci e cercare di sopravvivere nelle rovine del nostro tempo. Il pianeta come lo conosciamo non esisterà più.

Finite le premesse doverosamente catastrofiste, che fare? Cosa deve fare il mondo dell’arte per allinearsi al cambiamento? Inizialmente si dovrebbe quantificare l’impatto dell’intera filiera produttiva, bisogna sapere quanto si inquina, per poi attuare strategie di mitigazione ed adattamento. Alcune delle azioni da portare avanti sono già note come quelle per minimizzare gli impatti dei trasporti delle opere d’arte e dei viaggi del pubblico e degli operatori. Si dovrebbero ridurre, riutilizzare e riciclare i materiali necessari per gli allestimenti delle fiere e biennali, diminuire l’utilizzo di energia e optare solo per energie rinnovabili, utilizzare edifici passivi e poco energivori, minimizzare gli impatti sull’ecosistema e sulla biodiversità dei vari eventi culturali. Tutto questo potrebbe non bastare, infatti è un’illusione rendere completamente sostenibile un modello che in partenza ha valori e presupposti sbagliati. Si deve cambiare radicalmente ogni sistema produttivo e transitare da un approccio estrattivista e neo-coloniale, focalizzato sull’estrazione intensiva delle risorse naturali per massimizzare i profitti, ad uno ecocentrico, dove vengono considerati i complessi equilibri ecosistemici e favoriti rapporti mutualistici inter-specie. Anche il sistema dell’arte può cambiare radicalmente? Forse si può inventare qualcos’altro, qualcosa a cui non abbiamo ancora pensato per migliorare l’interazione tra umano e non umano e anche per ridurre l’impatto del mondo dell’arte sul Pianeta.2 Gli artisti possono essere d’aiuto nella prefigurazione di questi scenari futuri così difficili da immaginare e implementare nel nostro quotidiano. Andiamo per passi.

La consapevolezza ambientale

Molti scienziati, intellettuali e personalità del mondo della cultura e dello spettacolo hanno preso posizione sulla questione ambientale. Anche diversi artisti visivi hanno iniziato a parlare di clima nei loro lavori e alcuni curatori, direttori di musei ed operatori culturali stanno inserendo queste tematiche come elemento di riflessione in mostre, rassegne e programmi pubblici (public program). Tutto questo aiuta a svegliare le coscienze? Tutto questo ha un impatto? E poi, che fare?

Gli attivisti appartenenti a gruppi ambientalisti come: Stop Oil, Extinction Rebellion (XR) e Ultima Generazione3, per anni hanno portato avanti azioni di protesta nei musei, tra cui si ricordiamo quella di Liberate Tate alla Tate Modern di Londra, fino ad arrivare alle più recenti presso musei e monumenti nel Nord del mondo. Attraverso azioni di disobbedienza civile, chi si ribella chiede ai musei stessi di non accettare sponsor da società petrolifere ed ai governi di interrompere i sussidi alle aziende legate ai combustibili fossili e di istituire un fondo per la riparazione per la mitigazione degli impatti ambientali generati dall’industria e dai cambiamenti climatici. Del resto appare sempre più assurdo vedere mostre sulle tematiche ambientali finanziate dai più grandi responsabili di questo disastro ed appare sconcertante pensare che i fondi pubblici vengano ancora usati per finanziare il fossile. Dopo 25 anni di proteste la Tate Modern ha deciso di non accettare più finanziamenti da British Petrol (BP) che nel frattempo si è resa responsabile di versamenti di petrolio nelle acque del golfo del Messico, causando un irreparabile disastro ambientale. 4

Calcolo degli impatti ambientali

L’Analisi del Ciclo di Vita o Life Cycle Assessment, (LCA) è Il metodo scientificamente più rigoroso per il calcolo degli impatti di un prodotto o processo produttivo. L’LCA considera tutti gli impatti dalla nascita alla morte di un prodotto o di un processo. Inoltre ci sono una serie di altri strumenti di calcolo semplificati, come i calcolatori di emissioni di CO2 fatti appositamente per ogni situazione, per il mondo dell’arte la Climate Gallery Coalition (CGC) ha messo a disposizione un CO2 Carbon Calculator per misurare gli impatti delle attività di galleria.5

Si possono calcolare le emissioni di CO2 generate dalla realizzazione di una mostra calcolando anche quanto incidono le spedizioni aeree ed i consumi energetici. Sono tra i firmatari del CGC che credo stia facendo un ottimo lavoro. Anche la Comunità Europea sta lavorando per predisporre una patente per ogni prodotto che ne determina l’impatto ambientale. Infatti è in discussione una proposta di legge contro il Greenwash che vuole fare chiarezza sulla vera sostenibilità di prodotti e processi dopo aver riscontrato nel 2020 che più della metà dei prodotti che si dichiarano sostenibili non lo sono.6

Il Caso studio del Museo D’Arte Moderna di Bologna, MAMbo

Grazie ad una collaborazione tra ENEA, il Dipartimento DICAM dell’Università di Bologna, Climate Art Project e Studio Andreco abbiamo calcolato gli impatti del Museo MAMbo per l’anno 2019, sia per l’attività museale e la collezione permanente, che per le otto mostre temporanee. Questo è stato possibile grazie al lavoro di Simona Galazzi allora laureanda in Ingegneria, della Professoressa Alessandra Bonoli, dell’ingegnere Cristian Chiavetta e al supporto del direttore del museo Lorenzo Balbi e del suo staff. Nel lavoro di ricerca abbiamo calcolato gli impatti correnti del museo ed ipotizzato interventi per il risparmio energetico e per abbattere le emissioni sia di tipo gestionale che infrastrutturale, utilizzando energie rinnovabili e infrastrutture verdi. Per la compensazione delle emissioni rimaste a seguito degli interventi di mitigazione abbiamo anche immaginato opere multidisciplinari sul territorio con un risvolto sociale, artistico ed ambientale.

Buone pratiche

Da alcuni anni c’è chi si interroga sull’impatto del settore culturale. Si parla di mitigare gli impatti ambientale dei festival e degli eventi. Purtroppo però molto spesso questo comporta solo adottare soluzioni green per il catering, qualche operazione di compensazione in America Latina e poco più. Il Carbon Offsetting, ovvero la compensazione delle emissioni di gas serra generati da un’attività tramite la riforestazione, dovrebbe essere considerato come l’ultima cosa da fare dopo aver ridotto al minimo i consumi, gli impatti e le emissioni. Inoltre la riforestazione dovrebbe essere fatta in aree il più possibile vicine all’attività compensata. Organizzazioni come Julie’s Bicycle nel Regno Unito si occupano di riduzione degli impatti dei grandi festival da diversi anni, ho avuto l’occasione di conoscerli partecipando ad uno dei loro Creative Climate Leader workshop in Polonia nel 2019 in concomitanza della COP24 e della Climate March, la marcia per il clima dei movimenti per la giustizia climatica. Stringendo all’ambito del mondo dell’arte ed ai vari contesti, fiere, mostre museali, mostre in gallerie private e spazi indipendenti e produzioni artistiche si possono delineare diversi interventi che migliorerebbero le cose.

Bisogna considerare che i musei, secondo direttive regionali ed internazionali, per la salvaguardia dello stato di conservazione delle opere, devono garantire una temperatura interna costante intorno ai 20°C, un’umidità di circa il 50% e monitorare la qualità dell’aria per eliminare polveri e sostanze inquinanti dannose. Inoltre è fondamentale anche l’intensità dell’illuminazione che però cambia a seconda dei materiali delle opere che bisogna conservare.

Considerando che le sale espositive hanno spesso volumi enormi viene consumata molta energia per il riscaldamento dei locali. Alcuni complessi museali di recente costruzione sono stati pensati in partenza per il risparmio energetico ed idrico, come il MUSE di Trento, progettato da Renzo Piano, realizzato nel 2013 e certificato LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), certificazione per gli edifici sostenibili. Purtroppo sono ancora casi sporadici, la maggior parte dei musei è in edifici antichi o rigenerati ed hanno grandi problemi di dispersione termica ed energetica.

È fondamentale quindi l’uso di energie rinnovabili per il riscaldamento dei locali e favorire l’illuminazione naturale o utilizzare lampade a LED e a basso consumo. Inoltre è importante limitare i viaggi, soprattutto quando non è necessaria la presenza fisica e favorire lo smart working. Fino a quando non verranno inventati aeroplani ad idrogeno o comunque a basso impatto ambientale, sicuramente vanno limitati i trasporti aerei e favoriti quelli su rotaia o via nave. Secondo CGC si riducono le emissioni di un trasporto di un’opera, a paritáà di peso, fino al 99% passando da aereo a nave. Un altro tema è legato al limitare il packaging per le opere ed i materiali per l’allestimento degli stand e comunque cercare di riutilizzarli per altri eventi. Sulla sostenibilità dei musei sono usciti diversi libri tra cui “Musei per la sostenibilità integrata” di Michela Rota che collabora anche con l’International Council of Museums (ICOM) che si sta occupando di scrivere delle linee guida per i musei sostenibili. Tra il 2020 e 2022 ho partecipato a tavole rotonde sulla materia come quella organizzata dal Polo del 900 di Torino su Arte, Clima e tecnologia, quella della Fondazione Fitzcarraldo sulla sostenibilità nell’ambiente Culturale, di EDI Global Forum su Arte e Clima organizzata dalla Fondazione Morra Greco a Napoli, oltre che a molte conferenze in ambito accademico. A Marzo 2023 AMACI, l’Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani, ha organizzato “I Musei d’arte contemporanea e lo sviluppo sostenibile” una giornata di studi online a cura di Marcella Beccaria, dedicata al ruolo di musei e istituzioni culturali nella realizzazione di uno sviluppo globale più sostenibile.9

Le istituzioni culturali e, in particolare, i musei sono vettori di conoscenza e possono essere agenti attivi di cambiamento. Per prima cosa dovrebbero essere d’esempio applicando le buone pratiche, diminuendo il loro impatto ambientale e sociale e abbandonando finanziamenti non etici, come quelli provenienti dalle aziende del settore dell’energia fossile e dagli introiti legati al mercato delle armi.

Spingendosi oltre, il settore produttivo e manageriale dovrebbe iniziare a pensare diversamente, considerando non solo i benefici per la società umana ma cercare di immaginare azioni, o non-azioni in un’ottica di decrescita felice, da cui ne trarrebbe beneficio il non-umano, gli animali, i fiumi, i suoli, l’atmosfera, le piante. Questa operazione significherebbe attuare con un approccio ecocentrico e non più antropocentrico, significherebbe abbandonare il modello di sviluppo estrattivista che ci ha portato sull’orlo del precipizio. (Ana Tsing, Donna Haraway)

La produzione artistica – Cosa può fare un artista?

La produzione artistica contribuisce in maniera minore in termini di emissioni di gas serra rispetto agli altri ambiti del sistema dell’arte, ma comunque è giusto interrogarsi sulla sua impronta ecologica.

Non credo che la soluzione per mitigare gli impatti delle produzioni artistiche sia realizzare arte digitale, anche perché gli strumenti tecnologici che si utilizzano per crearla impattano comunque. Inoltre la materialità di un’opera per qualcuno è imprescindibile. Non credo neanche che dovremmo fare tutti e tutte arte con materiali riciclati. Credo che ogni individuo debba esprimersi come crede e che sia di centrale importanza la libertà nella produzione artistica. Penso che qualsiasi paletto o vademecum sembrerebbe fuori luogo e sarebbe vano. È necessario però essere perlomeno consapevoli dei nostri impatti e poi scegliere come comportarci di conseguenza.

Sinceramente se utilizzassi una pratica artistica molto energivora per realizzare un’opera sul tema dei cambiamenti climatici mi sentirei incoerente e concettualmente poco incisivo. Credo che anche noi artisti dovremmo avere consapevolezza dei materiali e dei processi che utilizziamo e se possibile scegliere la strada meno inquinante per ottenere un risultato analogo.

È importante anche ragionare sulla durevolezza di un’opera, se è vero che alcuni materiali possono sembrare più inquinanti di altri se l’opera poi durerà per un numero maggiore di anni potrebbe essere meno impattante sull’ecosistema rispetto ad un’opera che diventa rifiuto dopo pochi anni.

Personalmente cerco di valutare caso per caso: a volte ho realizzato sculture in metallo ricercando la massima longevità dell’opera, altre volte ho utilizzato materiali locali e altre ancora il materiale è diventato strumento di rivendicazione centrale per il concetto alla base dell’opera. Infine credo che un artista che con le sue opere si riferisce al clima debba cercare di non prestarsi ad operazioni di greenwash.

Una ricerca tra arte, scienza ed attivismo ecologico-sociale

Sembra una vita fa quando nel 2010 per la giornata mondiale del riciclo ho realizzato “Turtle Organ Dance”, un’opera a forma di tartaruga marina di circa 100 m2, riutilizzando il PVC usato da Artefiera Bologna 2010. L’opera voleva denunciare lo spreco di grandi quantità di materiali plastici adoperati per pochi giorni di fiera. Sull’opera che sembrava un grande tappeto al centro di Palazzo D’Accursio, sede del consiglio comunale della città, danzavano un gruppo di performer che da li si spostavano nel palazzo e nella vicina piazza Maggiore di Bologna. Nello stesso luogo esattamente dieci anni dopo, nel 2020, ho diretto “Displacement”, una performance collettiva che riflette sulla migrazione climatica e più in generale sul tema dell’acqua e del Cambiamento Climatico. L’Opera questa volta è stata commissionata dall’ONG We World e dal Terra di Tutti Film Festival. Nell’ultimo anno, da ottobre 2022 a ottobre 2023 invece per Xfarm Land Art, un parco artistico su terreni confiscati alla mafia in Puglia, con lo scopo di realizzare opere coerenti al contesto della nuova azienda agricola ho preferito utilizzare solo materiali trovati sul posto come: rocce, terra, piante, scarti agricoli, fil di ferro utilizzato per le piante.

Tra le varie opere abbiamo realizzato “Specchia”, una pila di sei metri di rocce che diventa una sorta di obelisco del luogo. Sono state realizzate anche due Aule Verdi, opere di Land Art che hanno anche una forte componente sociale ed ambientale. In questo caso le Aule Verdi sono state realizzate tramite un sistema agroforestale che ha lo scopo di aumentare la biodiversità del luogo e contrastare il batterio della Xylella che ha attaccato le monocolture di ulivo. Altre Aule Verdi si possono trovare presso la Riserva Valle dell’Aniene e presso il lago Bullicante a Roma, qui supportano gli ecosistemi locali che sono considerati aree umide. Inoltre queste Aule Verdi sono state realizzate per sostenere le lotte dei collettivi ambientalisti locali essendo aree conquistate grazie alle rivendicazioni della cittadinanza e degli stessi collettivi.

In luoghi dove la questione ecologica e sociale è così centrale le opere sono state eseguite con il minimo impatto ambientale possibile o, nel caso delle Aule Verdi, con un impatto positivo e riparatorio nei confronti della biodiversità. Le opere infatti forniscono dei Servizi Ecosistemici, benefici ambientali, oltre a voler ricostruire la relazione perduta tra umano e non-umano. Da più di quindici anni studio come integrare opere d’arte con soluzioni basate sulla natura (NBS), come infrastrutture verdi, impianti di fitorimedio, idroponia e piccoli ecosistemi di piante e geo-batteri risanatori di siti inquinati. Anche il mio dottorato di ricerca, concluso nel 2012, è stato su queste tematiche: “Tecnologie appropriate e infrastrutture verdi per la gestione sostenibile delle risorse in aree urbane e rurali”. Ho condotto ricerche sul ruolo delle piante nella mitigazione degli inquinanti e nell’adattamento ai cambiamenti climatici e anche seguendo quello che oggi sarebbe definito un approccio anticoloniale e decoloniale alle tecniche occidentali di gestione sostenibile delle risorse. Infatti dal 2003 al 2014 ho voluto approfondire le pratiche e tecniche indigene per la gestione delle risorse e la sopravvivenza di comunità rurali indipendenti, ispirato dalle ricerche sulle Tecnologie Appropriate. In questi ultimi quindici anni in collaborazione con scienziati ed attivisti abbiamo prodotto opere ispirate da molte di queste ricerche. Ho rilegato poco spazio alle mie opere in questo testo perché volevo dare un contributo di carattere generale sul tema dell’impatto ambientale del mondo dell’arte, ci saranno altri momenti per approfondire.

Conclusioni

Vorrei concludere dicendo che dovremmo fare tutti e tutte il possibile per non inquinare gli ecosistemi, e allo stesso tempo cercare di cambiare soprattutto le attività produttive più responsabili di questa crisi socio-ambientale, i cui nomi sono noti. Un artista che lavora sulle tematiche eco-sociali può stare a contatto con la ricerca, la progettazione e deve stare a contatto con i movimenti e le lotte di base per non perdere di vista il centro della questione e non diventare uno strumento del greenwash. Un artista può prefigurare altri futuri immaginifici e allo stesso tempo agire nel reale per cambiare il presente.



Andrea Conte

Dirige Studio Andreco, dove unisce una formazione scientifica, dottorato in Ingegneria Ambientale, collaborazioni post dottorato con Università di Bologna e Columbia University di New York sulle infrastrutture verdi per la gestione sostenibile delle risorse in diverse condizioni climatiche, con un percorso artistico che investiga i rapporti tra spazio urbano e paesaggio naturale, tra uomo e ambiente, realizzando progetti che vanno a comporre un’unica ricerca multidisciplinare. Tra questi “Climate Art Project” progetto tra arte e scienza sulle cause e le conseguenze dei Cambiamenti Climatici. Andrea Conte utilizza un linguaggio di sintesi, simbolico e concettuale, servendosi di diverse tecniche di rappresentazione: installazioni, performance, video, pittura murale, scultura e progetti d’arte pubblica. Partecipa a mostre e festival a livello internazionale. Le opere dello Studio Andreco sono state esposte in manifestazioni artistiche istituzionali, musei e gallerie di tutto il mondo.
Info: andreco.org

ANDRECO – FUTURE LANDSCAPE, courtesy Fondazione Musica Per Roma, photo Musacchio, Ianniello & Pasqualini

Note

  1. Il Report del 2018 dell’IPCC, Intergovernamental Pannel on Climate Change, parlava di 12 anni rimasti prima di arrivare ad un punto di non ritorno per quanto riguarda le conseguenze dei cambiamenti climatici.
  2. Più che ridurre gli impatti, l’obbiettivo è quello di arrivare allo zero netto. Per zero netto si intende quando le emissioni di CO2 immesse in atmosfera dall’attività antropica sono pari a quelle che l’atmosfera ed il Pianeta riesce ad assorbire. 350 parti per milione (ppm) di CO2 in atmosfera è la concentrazione massima per non avere innalzamento sostanziale della temperatura media. Al momento della scrittura di questo articolo siamo già a 415,33 ppm di CO2. Oltre agli impatti ambientali bisogna pensare agli impatti sociali e alle diseguaglianze che si accentuano con i cambiamenti climatici.
  3. Ultima Generazione https://insideart.eu/2023/07/28/artesostenibilita-la-parola-a-ultima-generazione-stiamo-lottando-per-la-sopravvivenza-di-ognuno-di-noi/
  4. Tate non prende più finanziamenti di BP dopo 26 anni. https://www.theguardian.com/artanddesign/2016/mar/11/bp-to-end-tate-sponsorship-climate-protests
  5. Climate Gallery Coalition – carbon calculator https://galleryclimatecoalition.org/carbon-calculator/
  6. proposta di legge per porre fine al Greenwash: https://italy.representation.ec.europa.eu/notizie-ed-eventi/notizie/protezione-dei-consumatori-permettere-scelte-sostenibili-e-porre-fine-al-greenwashing-2023-03-22_it
  7. ICOM https://www.icom-italia.org/
  8. Polo del ‘900 https://history.polodel900.it/evento/art-and-technologies-for-climate-change/
  9. EDI: http://www.fondazionemorragreco.com/wp-content/uploads/2021/12/0167_FMG_EDI_OnlineSymposium_Program.artwork.reissued.pdf
  10. Sostenibilità ambientale dei settori culturali e creativi  https://artlab.fitzcarraldo.it/it/artlab-21/bari-matera/appuntamento/sostenibilita-ambientale-settori-culturali-creativi
  11. Michela Rota, Musei per la sostenibilità integrata, Editrice Bibliografica
  12. AMACI https://www.amaci.org/insights/640605f584050708b8543fff
  13. DISPLACEMENT https://www.climateartproject.com/displacement-collective-performance-bologna-italy/
  14. Xfarm Land Art https://www.climateartproject.com/2023/05/24/art-and-community-for-environmental-justice-and-xland-two-long-term-projects/
  15. AULE VERDI https://www.andreco.org/portfolio/aula-verde-aniene-river/

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